Nel cuore della Città Vecchia di Praga, a pochi passi dalla Piazza dell’Orologio, si estende Josefov, l’antico quartiere ebraico noto anche come ghetto di Praga. Visitare questo luogo significa intraprendere un viaggio nella memoria, tra vicoli che raccontano secoli di storia travagliata, leggende affascinanti e una cultura millenaria sopravvissuta a innumerevoli avversità.
Sommario dell'articolo
- L’arrivo a Josefov: una storia di persecuzioni e resilienza
- Cenni storici del quartiere
- Il Museo Ebraico: la testimonianza di una comunità
- Info pratiche
- Il Vecchio Cimitero Ebraico: il silenzio di un luogo sacro
- Tra le lapidi a strati: i segreti del cimitero
- Le tombe dei rabbini più importanti, da Rabbi Löw in poi
- Le sinagoghe di Josefov: testimoni di una fede millenaria
- Sinagoga Spagnola (Španělská synagoga)
- Sinagoga Maisel (Maiselova synagoga)
- Sinagoga Klausen (Klausová synagoga)
- Sinagoga Alta (Vysoká synagoga)
- La Sinagoga Vecchia-Nuova e le leggende sul Golem
- La Sinagoga Pinkas, un memoriale toccante
- Un quartiere vivo: negozi, caffè e tradizione
Qui si mescolano l’aura romantica della Praga storica e il ricordo di una comunità che, nonostante persecuzioni e tragedie, ha lasciato un’impronta indelebile nella città.
Oggi il quartiere appare curato ed elegante, con edifici in stile Liberty e Art Nouveau, boutique di lusso e caffè alla moda che costeggiano via Pařížská. Eppure, ad ogni angolo Josefov ricorda la sua doppia anima: da un lato la vivacità odierna di un quartiere inserito nel tessuto cittadino, dall’altro il silenzio reverenziale dei suoi siti storici – sinagoghe, cimitero, museo – che custodiscono la memoria della comunità ebraica praghese. In questo articolo esploreremo Josefov in chiave turistica e pratica: ne ripercorreremo brevemente la storia di persecuzione e resilienza, visiteremo il celebre Vecchio Cimitero Ebraico con i suoi misteri, entreremo nelle antiche sinagoghe cariche di leggenda (come quella del Golem!) e infine scopriremo il volto attuale del quartiere, fatto di negozi, caffè e tradizioni vive. Prepariamoci dunque a un tour tra storia, leggende e spiritualità, nel luogo in cui il passato degli ebrei di Praga rivive ad ogni passo.
L’arrivo a Josefov: una storia di persecuzioni e resilienza
Entrando nel quartiere di Josefov, magari dopo aver attraversato le animate vie della Città Vecchia, si ha la sensazione di approdare in un’isola a sé stante, dove le pietre e i monumenti sussurrano vicende antiche. La storia di questo quartiere, infatti, non è particolarmente felice: per secoli esso fu l’unico rifugio per gli ebrei di Praga, costretti qui da editti discriminatorî e bersaglio di continue vessazioni. Sin dal Medioevo la popolazione ebraica praghese dovette affrontare restrizioni, tasse speciali e violenze (celebre la strage del 1389 durante la Pasqua cristiana).
Eppure, nonostante le persecuzioni, la comunità seppe sviluppare al suo interno una vibrante vita culturale e religiosa, dando vita a istituzioni proprie (come il Municipio Ebraico, con il suo curioso orologio con cifre ebraiche che ruota al contrario) e a figure eminenti della tradizione rabbinica. Questa resilienza ha fatto sì che il ghetto, pur nei periodi più bui, fosse anche un centro di sapere e spiritualità.
Cenni storici del quartiere
Il ghetto ebraico di Praga venne formalmente istituito nel XIII secolo e col tempo arrivò a ospitare migliaia di persone in condizioni di grande densità abitativa. Nel corso dei secoli la sua fisionomia era quella di un dedalo di vicoli stretti e case addossate, circondato da mura; uscire dal ghetto era per lungo tempo proibito senza permessi speciali. Solo a fine Settecento arrivarono i primi cambiamenti: nel 1784 l’imperatore Giuseppe II abolì molte delle misure discriminatorie nei confronti degli ebrei, sancendo la fine dei divieti più oppressivi. In onore di questo sovrano “illuminato” il quartiere ghetto prese il nome di Josefov. Da quel momento, gradualmente, agli ebrei fu concesso di vivere anche altrove in città, e il vecchio ghetto perse il carattere di prigione a cielo aperto.
Tra il 1850 e il 1890 Josefov divenne un normale quartiere di Praga (il quinto distretto cittadino), anche se la sua struttura medievale rimase intatta fino al finire del XIX secolo. Fu allora che intervenne una radicale trasformazione urbanistica: tra il 1893 e il 1913 gran parte dell’antico ghetto venne demolita nell’ambito di un risanamento ispirato alla “Haussmannizzazione” di Parigi. Al posto delle casupole fatiscenti sorsero eleganti palazzi in stile liberty e art nouveau, e nuove arterie (come via Pařížská) attraversarono l’area. Solo alcuni edifici storici vennero risparmiati dalle ruspe – in particolare le sinagoghe, il vecchio municipio e il cimitero – preservando così i luoghi più importanti della cultura ebraica locale. Questa convivenza di antico e moderno è visibile ancora oggi: accanto ai templi secolari si aprono boutique raffinate, e passeggiando per le vie ampie e luminose è difficile immaginare l’antico intreccio di vicoli bui del ghetto originario.
Purtroppo la Seconda Guerra Mondiale segnò il capitolo più tragico. Nel 1939, all’epoca dell’occupazione nazista, a Praga vivevano ancora migliaia di ebrei; nel giro di pochi anni la stragrande maggioranza di essi fu deportata e uccisa nei campi di sterminio. Il quartiere Josefov però non subì distruzioni materiali durante la guerra – anzi, per un crudele paradosso, i nazisti decisero di conservarne gli edifici con l’idea di creare dopo la “soluzione finale” un “Museo esotico di una razza estinta”. Proprio a Praga furono raccolti ed accumulati oggetti e arredi sacri provenienti da sinagoghe e comunità ebraiche di tutta la Boemia e Moravia distrutte dai nazisti. Al termine del conflitto, su quelle stesse collezioni di oggetti (circa 40.000 reperti e 130.000 libri) si poté ricostruire il Museo Ebraico – ma soprattutto non si estinse la memoria di un popolo.
Il Museo Ebraico: la testimonianza di una comunità
Il Museo Ebraico di Praga (Židovské muzeum v Praze) costituisce oggi la principale testimonianza storica e culturale della comunità ebraica cittadina. Fondato inizialmente nel 1906 per preservare i cimeli delle sinagoghe demolite durante la ristrutturazione del ghetto, il museo assunse un ruolo ancora più cruciale negli anni dell’occupazione nazista: fu allora che divenne il deposito centralizzato di migliaia di oggetti rituali, libri e documenti ebraici salvati dalla distruzione. Grazie agli sforzi di curatori come Josef Polák, gran parte di questo patrimonio fu catalogato e protetto, gettando le basi per l’odierna collezione museale.
Oggi il Museo Ebraico di Praga vanta una delle più grandi collezioni di artefatti giudaici al mondo, con circa 40.000 oggetti e 100.000 libri conservati. Non si tratta però di un museo tradizionale concentrato in un solo edificio: è piuttosto un percorso diffuso che comprende diverse sinagoghe storiche, la Sala delle Cerimonie e il Vecchio Cimitero, tutte visitabili con un unico biglietto cumulativo. Attraverso le sale espositive, il visitatore può ripercorrere la storia millenaria degli ebrei in Boemia e i loro costumi: dalla vita quotidiana delle comunità medievali alle tragiche vicende della Shoah. Particolarmente toccante è la collezione di disegni dei bambini deportati nel campo di Terezín, molti dei quali non fecero mai ritorno – testimonianze artistiche ingenue e commoventi che il museo ha salvato dall’oblio.
Tra le tappe principali del circuito museale vi sono la Sinagoga Maisel (dove una mostra ripercorre l’insediamento degli ebrei a Praga in epoca medievale e moderna), la Sinagoga Pinkas (oggi trasformata in memoriale dell’Olocausto) e la Sinagoga Spagnola (con interni splendidamente decorati e una mostra sulla vita degli ebrei boemi nell’800 e ’900). Completano il percorso la Sinagoga Klausen e l’adiacente Sala delle Cerimonie, dedicate alle tradizioni e ai rituali ebraici – vi sono esposti antichi testi sacri, oggetti in argento, tessuti rituali e costumi caratteristici. In totale, la visita al museo permette di entrare in sette edifici storici di Josefov, ognuno con il suo significato.
Info pratiche
Il quartiere è liberamente accessibile a qualunque ora, ma per visitare sinagoghe, museo e cimitero occorre un biglietto. Il Jewish Museum in Prague offre un pass cumulativo a circa 600 CZK (circa 23-25 €) che include l’ingresso a tutte le sinagoghe storiche, al Vecchio Cimitero e alle esposizioni museali. Sono previste riduzioni (~400 CZK per studenti under 26, ~200 CZK per ragazzi 6-15 anni) mentre i bambini sotto i 6 anni entrano gratis. Si tenga presente che tutti i siti ebraici sono chiusi il sabato (Shabbat) e durante le festività religiose ebraiche. È consigliabile dedicare almeno mezza giornata alla visita e magari approfittare delle prime ore del mattino o del tardo pomeriggio per evitare le comitive organizzate e godersi meglio l’atmosfera tranquilla.
Il Vecchio Cimitero Ebraico: il silenzio di un luogo sacro
Nel cuore di Josefov si trova uno dei luoghi più affascinanti e mistici di Praga: il Vecchio Cimitero Ebraico (Starý židovský hřbitov). Varcando il portone che dalla Sinagoga Pinkas conduce all’interno, si viene accolti da un piccolo bosco di pietre: migliaia di lapidi irregolari, inclinate dal tempo, spuntano dal terreno in disordine, quasi fossero folle pietrificata di antichi abitanti che ancora vegliano sul quartiere. L’atmosfera è di solenne quiete e sacralità: il frastuono cittadino rimane fuori, ovattato dai muri di cinta e dalle fronde degli sambuchi che da secoli ombreggiano le tombe. Non sorprende che questo cimitero, fondato attorno al 1439, sia considerato uno dei più importanti al mondo nel suo genere e attiri visitatori da ogni dove; camminare tra queste tombe significa attraversare la storia della comunità ebraica praghese con i suoi rituali, i suoi simboli e i suoi misteri.

Tra le lapidi a strati: i segreti del cimitero
Per oltre tre secoli – dal XV secolo fino al 1787 – questo cimitero fu l’unico luogo in cui gli ebrei di Praga poterono seppellire i propri defunti. Data la superficie limitata e l’impossibilità di ampliarlo fuori dalle mura del ghetto, si dovette ricorrere a una soluzione ingegnosa: seppellire i morti a strati sovrapposti. In alcuni punti, nel corso dei secoli, si formarono fino a nove o perfino dodici livelli di sepolture uno sull’altro. Il procedimento era il seguente: quando lo spazio finiva, si aggiungeva sopra uno strato di terra, si spostavano le vecchie lapidi in superficie e si effettuavano nuove sepolture, aggiungendo poi anche le nuove lapidi accanto alle precedenti. In questo modo, non tutti i defunti hanno una propria lapide visibile – molti riposano sotto altre tombe senza un segno in superficie – ma la memoria collettiva è preservata dall’impressionante distesa di pietre tombali che vediamo oggi.
Si calcola che attualmente nel Vecchio Cimitero vi siano circa 12.000 lapidi visibili, ma i resti di oltre 100.000 persone vi sono sepolti negli strati sottostanti. Le lapidi più antiche sono di foggia gotica, poi rinascimentale e barocca mano a mano che si avanza nei secoli. Molte recano decorazioni simboliche scolpite nella pietra: figure di animali o oggetti che alludono al nome o al mestiere del defunto (ad esempio, forbici per un sarto, un libro per uno studioso, mani benedicenti per un kohanim della tribù sacerdotale). Per motivi religiosi, invece, non compaiono ritratti umani. Il colpo d’occhio è unico: migliaia di antiche lapidi accalcate una accanto all’altra, sommerse dall’edera e dal muschio, che emanano un senso di pace e al tempo stesso di struggimento per il tempo trascorso. Nonostante sia una meta molto turistica (nelle ore di punta può risultare affollato), il cimitero resta un luogo di contemplazione: basta soffermarsi in silenzio in un angolo meno battuto per percepire l’eco delle preghiere che per secoli hanno accompagnato qui i funerali, o il fruscio delle foglie che pare sussurrare antiche benedizioni.
Vale la pena ricordare alcune curiosità pratiche: per rispetto, nel cimitero è richiesto un abbigliamento adeguato (agli uomini viene fornita una kippah all’ingresso). È possibile fotografare l’area pagando un piccolo supplemento per il permesso fotografico – investimento consigliato se si ama la fotografia, data la grande suggestione del luogo specialmente con le luci radenti del mattino o del tramonto. Infine, prestate attenzione al sentiero di visita: un vialetto principale guida i visitatori tra le tombe più celebri, ma si può anche esplorare con calma le sezioni laterali (senza calpestare le zone sepolcrali ovviamente).
Le tombe dei rabbini più importanti, da Rabbi Löw in poi
Passeggiando tra le lapidi, è possibile imbattersi nei sepolcri di numerose personalità di spicco della comunità ebraica praghese. Ogni tomba racconta una storia, ma ve ne sono alcune particolarmente venerate e visitate dai discendenti e dai turisti. La più famosa in assoluto è quella del Rabbino Judah Loew ben Bezalel, meglio noto come Rabbi Löw o il Maharal (acronimo di Moreinu ha-Rav Loew). Vissuto nel XVI secolo, Rabbi Löw fu un illustre talmudista, filosofo e mistico, nonché l’autorevole capo del ghetto; a lui la leggenda attribuisce la creazione del Golem, il mitico gigante d’argilla animato per difendere gli ebrei (di questa leggenda parleremo più avanti). La sua tomba, datata 1609, si riconosce per la grande lapide sormontata da un leone (allusione al nome Löw, “leone” in yiddish/tedesco) ed è meta continua di pellegrinaggi: i visitatori lasciano sul pietrame sassolini, monetine e piccoli foglietti con preghiere o desideri, secondo la tradizione ebraica di onorare i defunti con un segno della visita.
Accanto a Rabbi Löw riposano altri membri illustri della sua famiglia e dinastia rabbinica. Non lontano, tra le tombe più antiche, troviamo la lapide del Rabbino Avigdor Kara, poeta medievale morto nel 1439, considerata la più antica del cimitero. Di grande interesse storico è poi la tomba di Mordechai Maisel (morto nel 1601): ricchissimo mercante e filantropo, fu sindaco del ghetto nel periodo di maggior fioritura e finanziò la costruzione di sinagoghe e ospedali (a lui si deve la Sinagoga Maisel). Non lontano si trova la lapide di David Gans (morto nel 1613), erudito astronomo e storico, collaboratore di Tycho Brahe e Keplero. Un’altra tomba importante è quella del Rabbino David Oppenheim (1736), collezionista di libri e manoscritti: la sua immensa biblioteca ebraica fu acquistata dall’Università di Oxford ed è una delle fonti storiche più preziose sulla cultura ebraica in Boemia.
Queste sono solo alcune delle sepolture illustri: in totale si contano oltre 12.000 tombe, e ogni nome – per lo più in iscrizioni ebraiche – avrebbe una vicenda da raccontare. All’uscita, nel muro di cinta, si possono notare incastonati alcuni frammenti di lapidi gotiche: provengono da un cimitero ebraico ancora più antico scoperto in un’altra zona di Praga nell’Ottocento, quasi a voler ricongiungere idealmente i tasselli della memoria dispersa.
Lasciamo ora il silenzio malinconico del cimitero per tornare tra le vie di Josefov e dedicarci a un altro aspetto fondamentale del quartiere: le sue sinagoghe storiche, testimoni architettonici di una fede millenaria e custodi di leggende affascinanti.
Le sinagoghe di Josefov: testimoni di una fede millenaria
Il quartiere ebraico di Praga è unico al mondo per concentrazione di antiche sinagoghe nel raggio di pochi isolati. Ben sei sinagoghe storiche sono giunte fino a noi e costituiscono oggi un itinerario imperdibile per chi visita Josefov. Ognuna di esse ha una propria personalità, una storia e uno scopo diverso: alcune sono tuttora adibite al culto, altre ospitano collezioni museali, tutte comunque raccontano la secolare presenza ebraica in città. I loro muri, sopravvissuti a incendi, demolizioni e guerre, potrebbero narrare storie di celebrazioni gioiose come di momenti tragici. Ammirandole dall’esterno si notano subito le differenze di stile – dal gotico medievale al moresco ottocentesco – segno dei vari periodi in cui furono edificate o rimaneggiate. Visitiamone alcune in dettaglio:
Sinagoga Spagnola (Španělská synagoga)
È la sinagoga più “recente” di Josefov, costruita nel 1868 sul luogo di un tempio più antico. Il suo nome deriva dallo stile moresco “ispaneggiante” dell’architettura e degli interni, ispirati all’Alhambra di Granada. Appartenente al Museo Ebraico, oggi è adibita a spazio espositivo: dietro le pareti riccamente decorate con motivi arabeggianti si snoda una mostra dedicata alla storia degli ebrei cechi nell’età dell’emancipazione e nel XX secolo, oltre a una straordinaria raccolta di argenti sinagogali. La Sinagoga Spagnola è famosa anche come auditorium per concerti di musica classica, grazie alla sua acustica e alla bellezza del suo interno dorato. (Da non perdere uno sguardo all’esterno: di fronte alla sinagoga, in Dušní ulice, sorge la statua dedicata a Franz Kafka, celebre scrittore praghese di origine ebraica).



Sinagoga Maisel (Maiselova synagoga)
Costruita originariamente nel 1592 per volere del già citato Mordechai Maisel (all’epoca primate del ghetto), fu la sinagoga privata della sua famiglia. Ha subito vari rifacimenti nel corso dei secoli (venne anche ricostruita dopo un incendio nel 1689) ed esibisce oggi un aspetto neogotico dovuto a restauri di fine ’800. Oggi la Maisel ospita un’importante parte del Museo Ebraico: una collezione di oggetti sacri, libri, tessuti e argenti che raccontano la vita religiosa e quotidiana degli ebrei boemi dal Medioevo all’Illuminismo. Nella penombra delle sue sale si possono ammirare preziosi manufatti sopravvissuti alla devastazione bellica.
Sinagoga Klausen (Klausová synagoga)
Si trova accanto al Vecchio Cimitero ed è la più grande sinagoga del quartiere. Fu costruita nel 1694 in stile barocco, sul sito di precedenti piccoli oratori (i “klausen”, da cui il nome). Attualmente accoglie una mostra permanente sulle tradizioni e i costumi ebraici: tra vetrine e pannelli esplicativi si scoprono i segreti delle festività religiose, del matrimonio ebraico, della circoncisione, del Bar Mitzvah, fino agli oggetti legati alla vita quotidiana (strumenti per la preparazione del cibo kosher, ecc.). Parte della mostra è dedicata anche ai manoscritti e ai libri ebraici antichi, in omaggio alla vocazione di Praga come centro di studi rabbinici.

Sinagoga Alta (Vysoká synagoga)
Costruita nel 1568 grazie ai finanziamenti di Mordechai Maisel, era originariamente riservata ai rappresentanti della Comunità ebraica e situata accanto al Municipio Ebraico. Deve il nome al fatto che la sua sala di preghiera si trova al piano superiore dell’edificio. Oggi è una piccola sezione espositiva (inclusa nel biglietto del Museo) in cui si possono vedere splendidi tessuti rituali e paramenti ricamati, nonché argenterie (corone e scudi per i rotoli della Torah, yad indicatori di lettura, lampade, ecc.). Al pianterreno c’è anche un negozietto di souvenir e libri a tema ebraico.
Fin qui abbiamo descritto le sinagoghe musealizzate, ma due luoghi in particolare meritano un approfondimento separato: la più antica e la più significativa dal punto di vista memoriale. Ci riferiamo naturalmente alla leggendaria Sinagoga Vecchia-Nuova, custode del mito del Golem, e alla struggente Sinagoga Pinkas, trasformata in un memoriale dell’Olocausto. Scopriamole nel dettaglio.
La Sinagoga Vecchia-Nuova e le leggende sul Golem
Tra tutte le sinagoghe praghesi, la Sinagoga Vecchia-Nuova (Staronová synagoga) è senza dubbio la più venerabile: fu costruita attorno al 1270 ed è ritenuta la più antica sinagoga d’Europa ancora aperta al culto. Il suo appellativo curioso deriva dal fatto che inizialmente era chiamata “Nuova” per distinguerla da una più antica sinagoga ora scomparsa; secoli dopo, con l’edificazione di templi più moderni, divenne a sua volta la “Vecchia-Nuova”. La leggenda popolare offre però un’altra spiegazione poetica: si narra che le fondamenta di questa sinagoga siano state costruite con pietre provenienti dal Tempio di Gerusalemme, portate dagli angeli “a condizione” (al tenai, da cui Altneu-) di restituirle quando il Tempio verrà ricostruito. Al di là delle leggende, l’edificio in mattoni rossi con il suo doppio tetto a falde spicca per l’austera bellezza gotica. L’interno, visitabile pagando un supplemento in passato ma oggi incluso nel circuito unico, è raccolto e sobrio: banchi di legno rivolti verso il pulpito centrale (bimah), antiche lampade e un Aron ha-Qodesh (armadio sacro) in pietra scolpita rivolto verso Gerusalemme. Ancora oggi la Vecchia-Nuova è sede di funzioni religiose ortodosse: il venerdì sera e il sabato mattina la comunità vi si raduna per lo Shabbat, perpetuando una tradizione ininterrotta da oltre 700 anni.

Ma la Sinagoga Vecchia-Nuova è famosa anche – se non soprattutto – per un abitante leggendario che nessuno ha mai visto: il Golem di Praga. Secondo il mito, verso la fine del 1500 il Maharal Rabbi Löw plasmò una creatura gigante con la creta del fiume Moldava e le diede vita tramite formule cabalistiche, affinché proteggesse il ghetto dai pogrom. Il Golem compì il suo dovere di guardiano, ma col tempo divenne incontrollabile e minacciava di seminare il caos; così il rabbino dovette disattivarlo, sfilando dal suo capo il foglietto con il Nome di Dio che gli dava vita. Il corpo inerte dell’omuncolo d’argilla sarebbe stato nascosto nel sottotetto della Vecchia-Nuova, dove rimarrebbe tutt’oggi. Si racconta infatti che nell’angusto solaio polveroso della sinagoga sia custodito il Golem, in attesa di essere eventualmente risvegliato qualora la comunità avesse di nuovo bisogno di lui. Ovviamente si tratta di folklore – il sottotetto non è accessibile e non vi è nulla da vedere – ma la leggenda aggiunge un fascino ulteriore a questo luogo. Molti visitatori, affacciandosi al portale della sinagoga, non mancano di lanciare uno sguardo verso l’alto, immaginando l’enigmatica creatura addormentata tra le travi.
La Sinagoga Pinkas, un memoriale toccante
Di tutt’altro tenore è la visita alla Sinagoga Pinkas (Pinkasova synagoga), seconda sinagoga più antica di Praga (fondata nel 1535 dalla famiglia Horowitz) e oggi uno dei memoriali dell’Olocausto più commoventi al mondo. Dall’esterno l’edificio è semplice, in stile tardo-gotico; ma è varcando la soglia che si viene sopraffatti dall’emozione: sulle sue pareti interne sono incisi, uno a uno, i nomi di 77.297 ebrei cechi deportati e assassinati dai nazisti. Migliaia di nomi e date di nascita, organizzati per comunità di provenienza, coprono ogni muro della sinagoga in lunghe file ordinate, dipinti a mano in un carattere sobrio di colore nero e rosso. Leggere anche solo alcuni di quei nomi – intere famiglie con cognomi ricorrenti – significa toccare con mano l’enormità della tragedia che colpì gli ebrei di Boemia e Moravia tra il 1939 e il 1945. Il silenzio è assoluto mentre i visitatori percorrono lentamente la navata osservando quei nomi: è come entrare in una lista di Schindler sterminata, che riempie ogni centimetro delle mura sacre. Una stanza della sinagoga diffonde continuamente un canto liturgico ebraico (il El male rachamim o il Kaddish per i defunti), amplificando il senso di raccoglimento.
Al piano superiore della Pinkas si trova poi una mostra ugualmente toccante: sono esposti i disegni dei bambini del ghetto di Terezín, il campo di concentramento nei pressi di Praga dove furono internati migliaia di ebrei prima di essere inviati ad Auschwitz. Questi disegni, realizzati clandestinamente dai piccoli prigionieri sotto la guida di un’artista deportata (Friedl Dicker-Brandeis), raffigurano scene di vita quotidiana, sogni e paure infantili. Colori sbiaditi, figure ingenue, case, fiori, giochi e lacrime: è l’unico messaggio che ci resta di quei bambini, la maggior parte dei quali non sopravvisse alla Shoah. Uscendo da questa sinagoga-memoriale, il cuore è stretto ma al contempo colmo di rispetto: Praga ha saputo trasformare un luogo di culto in un monumento vivo della memoria, visitato da milioni di persone per non dimenticare.
(Nota: attualmente la Sinagoga Pinkas, come gli altri siti del Museo Ebraico, è inclusa nel biglietto cumulativo. Ricordiamo di nuovo che tutti questi luoghi chiudono il sabato. Fotografie all’interno della Pinkas non sono permesse, per rispetto ai nomi commemorati.)
Un quartiere vivo: negozi, caffè e tradizione
Dopo aver esplorato la dimensione storica e spirituale di Josefov, è importante non dimenticare che questo quartiere è parte integrante della Praga odierna, con una vita propria fatta di negozi, ristoranti e abitazioni. La trasformazione urbanistica di fine ’800 ha reso l’ex ghetto un quartiere elegante e ben inserito nel tessuto urbano: passeggiando per le sue vie oggi si ha quasi difficoltà a immaginare la triste storia di segregazione e violenza che vi si consumò nei secoli passati, tanto appare armoniosa la combinazione tra vecchio e nuovo, tra decadente e lussuoso. La via principale, Pařížská třída (Viale di Parigi), che collega Josefov alla Piazza della Città Vecchia, è fiancheggiata da boutique di alta moda, gioiellerie e negozi di design ospitati in palazzi art nouveau dai ricchi decori. Questa è una delle strade più chic di Praga, frequentata da amanti dello shopping di lusso – un contrasto stridente, se pensiamo che un tempo proprio qui sorgevano le case poverissime del ghetto.
Ma Josefov non è solo lusso: addentrandosi nelle stradine laterali, si trovano anche botteghe storiche e librerie che vendono oggetti legati alla cultura ebraica, ideali per un souvenir significativo. Ad esempio, potreste acquistare una piccola Hanukkiah (menorah a nove bracci), una stella di David in argento, oppure un simpatico figurino del Golem – in ricordo della leggenda praghese. Non mancano poi pasticcerie e panetterie che offrono chalot (il tipico pane intrecciato dello Shabbat) e dolci della tradizione ebraica ashkenazita. Passeggiando, può capitare di incrociare uomini con la kippah o famiglie ebree dirette in sinagoga: a testimonianza che, sebbene la comunità ebraica praghese oggi sia ridotta nei numeri, essa è ancora attiva. Il Municipio Ebraico di via Maiselova continua a essere la sede dell’Unione delle Comunità Ebraiche e organizza eventi culturali, concerti e conferenze aperti anche al pubblico.
Per una sosta golosa o una cena caratteristica, il quartiere offre alcuni ristoranti kosher e caffè a tema. Si può provare ad esempio il ristorante “King Solomon” o il “Dinitz”, noti per servire specialità della cucina ebraica (dal gefilt fish alle latkes, fino all’iconico gulash praghese in versione kosher). Questi locali, spesso decorati con fotografie d’epoca di vita nel ghetto ebraico, aggiungono un tocco autentico alla visita, permettendo di assaporare non solo la storia ma anche i sapori della tradizione.
Infine, vale la pena vivere Josefov anche di sera: le sinagoghe illuminate creano un’atmosfera suggestiva e le vie, più tranquille dopo la chiusura del museo, invitano a una passeggiata riflessiva. Soffermarsi davanti alla Sinagoga Vecchia-Nuova, con le finestre che lasciano filtrare una luce calda, sapendo che al suo interno ancora si prega in ebraico come da secoli, dà la misura di quanto questo quartiere non sia affatto un museo “morto”, ma un luogo in cui la memoria e la vita quotidiana convivono. Josefov è memoria che respira: dalle lapidi del cimitero alle risate dei bambini nel vicino parco giochi, dalle antiche leggende del Golem alle nuove generazioni che tornano a popolare le vie in cerca di appartamenti moderni.
In conclusione, il ghetto ebraico di Praga offre un’esperienza di viaggio completa ed emozionante. È un tour nella storia – fatta di persecuzione ma anche di luminosa resilienza –, un tuffo nelle leggende che arricchiscono l’immaginario cittadino, e una visita a luoghi sacri come il cimitero e le sinagoghe che non possono lasciare indifferenti. Allo stesso tempo, è un invito a riflettere sulla vitalità della memoria: tra negozi eleganti e caffè contemporanei, il passato non è dimenticato ma integrato nel presente, monito silenzioso per residenti e viaggiatori. Se state programmando un viaggio a Praga, inserite Josefov nel vostro itinerario: vi troverete arte, cultura, spiritualità e umanità in un unico affascinante quartiere – un luogo dove le pietre parlano e le storie aspettano solo di essere ascoltate. Buona visita!
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